Wednesday, May 17, 2006

Il libro delle Mutazioni

No, non l' I-Ching.  Sto parlando ancora di Baricco. 

Mi piace, mi piace molto questa piega che ha preso.  O forse l'ha sempre avuta e sono io a coglierla solo adesso.

Questo è un estratto dal suo ultimo 'post' su Repubblica, in cui inizia la sua esplorazione dello zeitgeist, lo spirito dei tempi, in divenire.

Non credo di fargli torto riportandolo anche qui:

lui non cercava mai di capire cos'era il mondo, ma, sempre, cosa stava per diventare il mondo. Voglio dire che ad affascinarlo, nel presente, erano gli indizi delle mutazioni che, quel presente, avrebbero dissolto. Erano le trasformazioni, che lo interessavano: dei momenti in cui il mondo riposava su se stesso non gliene fregava niente. Da Baudelaire alle pubblicità, qualsiasi cosa su cui si chinava diventava la profezia di un mondo a venire, e l'annuncio di una nuova civiltà.

Provo a essere più preciso: per lui capire non significava collocare l'oggetto di studio nella mappa conosciuta del reale, definendo cos'era, ma intuire in cosa, quell'oggetto, avrebbe modificato la mappa, rendendola irriconoscibile. Lo faceva godere studiare l'esatto punto in cui una civiltà trova il punto d'appoggio per ruotare su se stessa e diventare paesaggio nuovo e inimmaginabile. Lo faceva morire descrivere quel movimento titanico che per i più era invisibile, e per lui, invece, così evidente. Fotografava il divenire, e anche per questo le sue foto vennero, per così dire, sempre un po' mosse, e quindi inusabili da istituzioni che davano uno stipendio, e obbiettivamente ostiche per chi le guardava. Era il genio assoluto di un'arte molto particolare, che un tempo si chiamava profezia, e adesso sarebbe più proprio definire come: l'arte di decifrare le mutazioni un attimo prima che avvengano.

--
Chiaroscuro

0 Comments:

Post a Comment

<< Home